Quando le startup perdono un po’ della loro innocenza

L’entusiasta ed entusiasmante ecosistema delle startup sta perdendo un po’ della sua innocenza? È molto probabile e forse non è neanche un male. Si diventa grandi anche scoprendo che il mondo non è poi così perfetto come qualcuno te lo raccontava o come tu pensavi (o volevi) che fosse. L’importante è non perdere, con l’innocenza, anche quella voglia di fare e fare bene (in tutti i sensi), adeguandosi al peggio dello status quo.

Il settimanale l’Espresso nel suo numero di fine agosto ha lanciato un siluro contro il ministro Dario Franceschini, accusando il suo dicastero, Cultura e turismo appunto, di favorire gli amici per un appalto per la gestione on line dei biglietti e di altri servizi di Expo2015 dato a una startup costituita in primavera da Stefano Ceci, suo primo consigliere, nonché imprenditore nel settore turistico, appunto, con un gruppo che si occupa di marketing digitale e un incubatore a Bologna.

Ceci è un intraprendente quarantenne conosciuto da chi frequenta l’ecosistema per la sua vivacità emiliana e per la creazione di un’Associazione di startup del turismo che ha una quarantina di adesioni, molte però di persone. Sembrerebbe, quindi, che di startup nel settore del turismo non ce ne siano poi così tante. Ora toccherà al ministro Franceschini uscire dall’impiccio e a Ceci spiegare il doppio ruolo di consigliere e imprenditore del settore per cui consiglia strategie e scelte.

Photo by Rou on Unsplash

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Dopo le truffe (presunte) a danno di ingenui startupper, le collette (crowdfunding) quantomeno stravaganti, ci mancava solo l’inciucio politico per far godere chi sembra solo in attesa di ogni piccola increspatura nel mare grande dell’innovazione per poter dire: ve l’avevo detto, è tutta fuffa.Vade retro! È fisiologico che un settore in crescita attiri interessi e attenzioni non sempre limpidi. È importante che non se ne faccia soffocare, finendo per scivolare in cattive, antiche abitudini. Gli innocenti hanno diritto di sbagliare. Ma il sistema deve proteggerli dalla recidiva. Ci sono pericoli ben più preoccupanti dell’offesa alla verginità. Come l’abbraccio soffocante dei sostenitori “pelosi” o le insidie al consolidamento di un policy razionale a sostegno delle imprese innovative.

I segnali purtroppo non mancano. A fine luglio il ministro Dario Franceschini riesce a far approvare le Disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo. Nell’articolo 11 bis il decreto “battezza” una nuova categoria di startup, quelle che operano nel turismo. Ma solo se sono srl semplificata e sono state fondate da under 40. Difficile comprendere il senso di questa specie, visto che nel Decreto che ha istiuito gli elenchi delle startup innovative non si fa riferimento ai settori e sono previste agevolazioni per qualsiasi forma societaria, srls comprese.

Non sono chiariti i criteri di definizione della nuova famiglia di startup, ma è chiaro che si tratta di qualche manciata. Delle quasi 2.500 startup iscritte al registro delle imprese meno del 10% sono srls. Ancora meno quelle turistiche. Numero che si riduce se si devono cercare solo quelle con fondatori under 40. Perché è stato inserito questo articolo? Per incompetenza o scarso coordinamento istituzionale con chi finora ha guidato la policy sulle startup (il Ministero dello Sviluppo Economico). O per chi? Dopo il siluro dell’Espresso qualche sospetto è autorizzato.

Ma lasciamo ad altri le letture didietriste. Il problema non è adesso camminare sui…Ceci, ma evitare la proliferazione di leggi e leggine, più o meno interessate, che deboli e claudicanti finiscano per “sporcare” e mettere in discussione anche il lavoro annoso fatto finora per dare un quadro normativo organico ed efficace per fare dell’Italia un paese ospitale per le startup. Quelle vere.

(pubblicato su EconomyUp il 4 settembre 2014)

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