La trasformazione digitale è una rivoluzione culturale (anche in fabbrica)

Dall’automazione industriale all’Industria4.0 fino alla trasformazione digitale. Il percorso della manifattura italiana è cominciato da tempo e adesso prevede una tappa forse più impegnativa di tutte le altre. «La vera rivoluzione digitale, la vera innovazione, parte da un elemento fondamentale che è culturale», dice Antonio Marcegaglia, Chairman and Chief Executive Officer del gruppo che porta il suo nome e che rappresenta un’eccellenza dell’industria pesante italiana: una multinazionale dell’acciaio attiva in tutto il mondo con 6500 dipendenti e 39 stabilimenti, che per evidenti ragioni di competitività non può fermarsi, ha avviato importanti processi di innovazione interna (vedere box) ma sta adesso lavorando su quella che lo stesso Marcegaglia definisce la vera esserenza della rivoluzione digitale: i dati.

Che cosa significa trasformazione digitale per un’azienda che produce manufatti in acciaio e carbonio?

La trasformazione digitale, l’innovazione, la rivoluzione – se vogliamo chiamarla così – anche per un settore di base che è quello metalsiderurgico, non è un tema scontato e ha cominciato ad avere molta presa negli ultimi anni, per cambiamenti nel contesto esterno all’azienda nelle modalità di consumo e nell’ utilizzo dei materiali, con impatti rilevanti sulla catena del valore. nella catena del valore. Per noi questo ha comportato un’accelerazione su più livelli.

Quali sono i principali?

Sono due. Al primo livello c’è l’ottimizzazione degli asset fisici e l’innovazione dei processi e la loro integrazione con una serie di iniziative di robotizzazione nella logistica, nella produzione, nell’interazione con i dati rilevanti tra le varie funzioni. C’è un secondo livello che allarga i confini dell’azienda nella filiera produttiva e anche oltre, nel rapporto con le università, con i centri di ricerca e in generale con il mondo che ci circonda.

Non c’è però soltanto l’intervento sulla fabbrica, e sull’ecosistema. Cos’altro serve per accelerare il processo di trasformazione digitale in un settore di base come il vostro?

I primi livelli di innovazione che abbiamo visto non sono sono sufficiente. E forse non sono neanche i più rilevanti. Noi stiamo lavorando molto sulle competenze soft, non solo sulle tecnologie, non solo sulle piattaforme, non solo per gli addetti allo sviluppo tecnologico, ma ancora di più sul top management, sui responsabili commerciali, su tutti coloro che sono più coinvolti nel business e che devono recepire la cultura dell’innovazione come un elemento strutturale.

Qual è l’obiettivo di questo lavoro culturale?

Vogliamo arrivare ad avere una lettura intelligente di dati rilevanti, piuttosto che una proliferazione esuberante di dati non così significativi. Questo perché credo che l’essenza della rivoluzione digitale, nell’industria, sia in definitiva lo sfruttamento intelligente dei dati per creare valore, e questo presuppone una grande attinenza al business.

Quindi l’essenza della trasformazione digitale è culturale?

Si, la vera rivoluzione digitale, la vera innovazione parte da un elemento fondamentale che è culturale. Che vale per le imprese, gli imprenditori in primis, per tutta la classe dirigente e per tutti gli stakeholders di una società e di un Paese che vuole proiettarsi nel futuro.

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