E-commerce b2b, finiremo cinesi o americani?

Qualche settimana fa si è rotto il braccialetto del mio Fitbit. Ho subito cercato di correre ai ripari, visto che con quel device ormai c’è un’intimità superiore persino a quella con lo smartphone.

Sono subito andato in un grande negozio di elettronica (di una catena in crisi…) per acquistare il ricambio, come si è sempre fatto. Tempo perso! Perché li vendono l’aggeggio ma non i pezzi di ricambio che, mi dice il commesso, si possono trovare sul sito di Fitbit, appunto. Dove, però, per avere un braccialetto che costa poco meno di 30 euro bisogna pagarne 12 per la spedizione, se si vuole averlo in 48 ore.

Mi sembra un costo ingiustificato ed eccessivo per il mio ecosistema digitale. Passa qualche giorno e, mentre faccio la spesa “pesante” su Amazon (acqua, detersivi, etc.), mi viene in mente di cercare quel braccialetto. Lo trovo subito, allo stesso prezzo. E lo ricevo il giorno dopo, senza alcun costo aggiuntivo oltre l’abbonamento Prime. Fitbit ha perso parte del suo margine, mi ha dato un cattivo servizio e mi ha lasciato un pessimo ricordo.

B2c o b2b contano efficacia ed efficienza

Perché ho cominciato con una storia molto consumer un post che nel titolo ha b2b, business to business, relazioni e affari tra imprese? E poi che cosa c’entra Amazon con il b2b? Molto più di quanto si possa pensare. Provo a sintetizzare in tre punti.

1. b2c e b2b sono molto meno distanti di un tempo. Amazon ha espresso e ci ha abituati a un livello di servizio digitale elevato, che crea aspettative nuove anche ai clienti-aziende

2. Il b2b ha molto da imparare dal b2c di successo. Essere digitali non significa avere un bel sito o fare un’app. Bisogna lavorare per l’ottimizzazione dei processi con le tecnologie digitali per poter dare un vero servizio digitale

3. L’ecommerce b2b è un’occasione di trasformazione e valorizzazione delle filiere. Questo è uno stimolo e una responsabilità delle corporate, le grandi aziende che possono (secondo me dovrebbero) fare da abilitati digitali per la loro filiera di fornitori che spesso sono piccole e medie imprese.

Photo by Daniel Eledut on Unsplash

Se Amazon entra nel b2b

Amazon ha alzato l’asticella, lo diciamo ormai da tempo. Ma ci sono aziende che ancora pensano di poterla superare passando sotto. Non comprendendo di perdere così progressivamente competitività e, in prospettiva, quote di mercato.

La società di Bezos sta per lanciare un servizio di consegne diretto, SWA, Shipping With Amazon. L’annuncio negli Stati Uniti è stato subito considerato il segnale che il colosso intende portare nel b2b la disruption che ha portato nel b2c. E gli analisti americani hanno subito suonato il campanello d’allarme: le imprese devono controllare il proprio ecommerce end to end, è un errore darlo in outsourcing o lasciare la distribuzione e il cliente e il margine ad Amazon.

In altri termini: è arrivato il momento di investire sull’innovazione della supply chain, di accelerarne la digitalizzazione per non perdere il controllo dei propri clienti. In occasione di un recente workshop dell’Osservatorio Startup Intelligence dedicato proprio all’ecommerce b2b sono state presentate alcune startup che propongono soluzioni innovative per gestire le relazioni delle imprese con le loro filiere. Basta scorrere i loro progetti per comprendere quanto mutuino da modelli ed esperienze b2c, ridisegnati e riproposti in ambito b2b.

La nuova geopolitica digitale

Amazon ha la visione, l’esperienza e le risorse per poter portare lo scompiglio anche nel b2b. Jeff Bezos è l’uomo più ricco del mondo, dalla fine del 2017. La società a metà febbraio ha superato Microsoft ed è diventata la terza più valutata a Wall Street dietro Apple e Google.

Da mesi c’è chi parla di bolla ma intanto da Seattle sono partite numerose bordate: i prestiti alle aziende, gli investimenti miliardari in startup (l’ultimo su Ring), l’ingresso nel mercato dei farmaci. Insomma c’è un’evidente volontà di espansione, una bulimia che si comprende solo se si alza lo sguardo dal nostro abituale orizzonte e si guarda alla nuova geopolitica digitale.

Amazon è Amazon e tale resterà fino a quando Alibaba non si muoverà fuori dai confini cinesi. Sta facendo qualche test, anche in Italia. Ma ancora cura solo i suoi clienti cinesi. Che cosa accadrà quando Alipay, Taobao, Tmall e gli altri pianeti della galassia di JackMa decideranno che la Cina è troppo stretta? Forse vale la pena ricordare che Alibaba nasce proprio come marketplace b2b…

Finiremo cinesi o americani?

Nel futuro prossimo delle imprese italiane c’è un bivio: consegnare le nostre supply chain ai cinesi o agli americani? A meno che non comincino a capire che bisogna muoversi subito per mantenere il controllo, investendo in tecnologia e facendo da stimolo per chi non può farlo e non ne comprende l’importanza. Ne riparleremo fra qualche anno.

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E dopo 50 anni di Web…